Qualche notizia storica sul Sufismo

Quando in Europa l'Impero Romano, faro luminoso di civiltà e di cultura, fu annientato dalle popolazioni barbariche, la Chiesa ne mantenne intatti gli alti valori e la lingua, ed i monaci nei loro conventi ne perpetuarono gli insegnamenti e i contenuti.

Del pari quando il mondo islamico, luminoso esempio di civiltà e di cultura soprattutto nel campo delle scienze, fu invaso dai Mongoli gengiskhanidi, il Corano ne mantenne intatti i valori, ed i Sufi con le loro Confraternite ne perpetuarono gli insegnamenti e i contenuti.

Secoli dopo l'invasione dei Mongoli, venne la cesura delle colonializzazioni, a causa delle quali - anche per reazione - alla religiosità aperta e luminosa nella vita quotidiana si andò sostituendo una sorta di bigottismo fanatico di cui una parte dell'Îslâm, soprattutto quello wahabbita, soffre ancor oggi; e alla scienza si andò sostituendo la magia. Solo i Sufi dell'Asia seppero mantenere vivo il puro Îslâm e portare avanti le arti e le scienze.

E allora: che cosa è il Sufismo? È la via Mistica precipua dell'Îslâm, e se non si è musulmani non si può essere sufi, così come i monaci sono i mistici del cristianesimo. Il Sufismo è una realtà altamente complessa, intelligibile nella sua pienezza solo da colui che la vive dentro di sé. Per darne una idea,cito qui alcuni brani di due eminenti maestri sufi.

Ha scritto Sayed Husein Nasr: "Come il respiro che anima il corpo, il sufismo ha infuso il suo spirito in tutta la struttura dell'Îslâm, sia nelle manifestazioni sociali, sia in quelle intellettuali. Le Confraternite dei sufi (Turuq, singolare Tarîqa), ampia matrice della società islamica, hanno esercitato il loro influsso durevole e profondo su tutta la struttura della società, benché la loro funzione primaria fosse quella di custodire attraverso i tempi le discipline spirituali e renderne possibile la trasmissione da una generazione all'altra. Sono poi state affiliate al Sufismo anche organizzazioni iniziatiche secondarie, che andavano dagli ordini cavallereschi - ai quali competeva la sorveglianza delle frontiere islamiche - alle corporazioni e ai diversi gruppi artigiani associati nelle futuwwat, e risalenti alla persona stessa di cAlî bn Âbû Tâlib, cugino del Profeta (ss) [e quarto "califfo ben diretto"]. Non è possibile compiere uno studio approfondito della società islamica senza prendere in considerazione queste "società entro la società" [...], né sono comprensibili molti problemi della storia islamica senza avere presente la funzione fondamentale svolta dal Sufismo. Anche nel campo dell'istruzione l'azione del Sufismo è stata profondissima, dal momento che il suo compito fondamentale è l'educazione totale dell'uomo, al fine di farlo giungere alla piena e perfetta realizzazione di tutte le sue possibilità. La diretta partecipazione di molti sufi (ad esempio del ministro selciukide khwâjah Nizâmi âlMulk) alla fondazione di università e di madrase (le facoltà universitarie), come pure il ruolo svolto da centri sufi nella diffusione dell'istruzione, rendono l'influsso del sufismo inseparabile dallo sviluppo culturale dell'Îslâm. E ancora: quando, durante certi periodi, in alcune regioni il sistema educativo tradizionale fu distrutto, - ad esempio in quello conseguente alle invasioni dei Mongoli - i centri sufi rimasero gli unici depositari anche del sapere ufficiale e accademico, e sulla base delle loro conoscenze si poterono ricostruire le scuole tradizionali.

"Nel settore delle scienze e delle arti l'influsso del Sufismo fu enorme - afferma sempre Nasr -. Nell'Îslâm la tradizione del Sufismo è strettamente connessa allo sviluppo delle scienze, ivi comprese le scienze naturali. In quasi tutte le forme d'arte, dalla poesia all'architettura, l'affinità con il Sufismo è particolarmente marcata [...]. Per l'Îslâm stesso la Divinità è bellezza, e per il Sufismo, che costituisce il midollo dell'Îslâm e ne contiene tutta l'essenza, questa peculiarità appare particolarmente accentuata. Non è fortuito che i testi di più elevata qualità e bellezza siano quelli scritti dai sufi.

"Nel campo della letteratura islamica tutto ciò che vi è di più universale appartiene al Sufismo. Lo spirito del Sufismo innalzò le letterature araba e persiana da lirica locale o tuttalpiù epica ai vertici sublimi della letteratura didattica e mistica di portata universale, arricchendo più d'ogni altro l'arabo e il turco nella loro prosa e il persiano nella sua poesia. Inoltre molte lingue del mondo islamico strettamente locali raggiunsero l'apogeo in mano ai sufi, e debbono il loro sviluppo e la loro persistenza al genio di poeti sufi.

"La stessa situazione è analogamente riscontrabile nel campo della musica, dell'architettura, della calligrafia, della miniatura. Molti dei principali architetti musulmani sono collegati al Sufismo tramite la simbologia e la Sezione aurea; molti maestri calligrafi e molti miniatori lo furono appartenendo a una Confraternita sufica. Per ciò che riguarda la musica, nell'Îslâm essa è legittimata e permessa solo sotto forma di concerto spirituale (samâc) precipuo del Sufismo, sicché la tradizione della musica classica araba, iraniana e turca è stata coltivata attraverso i secoli soprattutto dai sufi. Certi sviluppi della grande musica indiana sono direttamente connessi alla pratica del Sufismo. Insomma: i sufi sono "la gente del sapere sapienziale" e "della visione" (dhawq). Non a caso questo termine indica, in arabo e in persiano, anche buon gusto e senso artistico. I sufi sono stati cultori delle Arti non perché ciò costituisce uno scopo del sentiero sufi, ma perché seguire il Sufismo significa diventare più consapevoli della bellezza divina che si manifesta dovunque, e alla luce della quale i sufi, conformemente alla bellezza della propria natura e secondo le norme artistiche della tradizione, creano capolavori che riflettono la bellezza dell'Artefice Supremo".

E, secondo Si Hamza Boubakeur, "il Sufismo in se stesso non è né una Scuola teologico-giuridica, né uno scisma, né una setta, anche se si pone di sopra da ogni obbedienza. È innanzi tutto un metodo islamico di perfezionamento interiore, d'equilibrio, una fonte di fervore profondamente vissuto e gradualmente ascendente. Lungi dall'essere una innovazione o una via divergente parallela alle pratiche canoniche, è anzitutto una marcia risoluta d'una categoria di anime privilegiate, prese, assetate di Dio, mosse dalla scossa della Sua grazia per vivere solo per Lui e grazie a Lui nel quadro della Sua legge meditata, interiorizzata, sperimentata".

Sempre secondo Si Hamza Boubakeur, "le componenti della dottrina sufi sono l'amore totale per DIO; la gnosi che superando la conoscenza intellettuale imperfetta e incompleta unisce direttamente il sufi al divino, da cui la certezza della Sua esistenza e dell'impossibilità di capirLo con le sole forze umane; il raggiungimento della conoscenza intuitiva; l'ascesa mistica attraverso una serie di stati e di stazioni, integrati dalla rammemorazione (dhikr) e dall'estasi".

Le Confraternite dei Sufi sono dunque comunità ben organizzate, che si sono sgranate lungo il corso dei secoli. Punta di diamante dell'Îslâm, dal momento che l'Îslâm non si presenta come un blocco monolitico ma ha varie coloriture, varie sfaccettature e varie istanze a seconda dei luoghi geografici e delle diversificazioni storico-sociali, anche il Sufismo ha vari aspetti. Si può dire che la sua vera origine è situabile nell'Asia turco-iraniana, che per ragioni storiche ha riassunto e inglobato insegnamenti esoterici buddhisti, indù, classico-egizi e cristiani pur scaturendo da una matrice sciamanica non mai sopita; mentre in certe zone dell'Arabia e del Nordafrica - soprattutto nei due ultimi secoli - è andato poi anche degenerando in aspetti folcloristico-popolari, che del misticismo sufico hanno ben poco, e anzi rischiano di screditarne l'immagine.

Vi è quindi nel Sufismo, sì, una luminosa omogeneità di intenti, sui quali però - come su una tela di fondo - le varie correnti, le varie Confraternite, i vari Maestri e i singoli sufi hanno ricamato con una versatilità eccezionale. Da qui la fondazione di Confraternite maggiori e minori, in una sorta di gemmazione continua, talché, invece di svettare come una palma carica di datteri, l'albero del Sufismo si presenta ricco di mille rami, ed ogni ramo è frondoso e carico di frutti.

Resta il fatto che base imprescindibile del Sufismo è il Corano, correttamente letto, meditato, interpretato, come diceva appunto Si Hamza Boubakeur. Di conseguenza:

  • comportamento corretto (Corano, 2ª177; 25ª63-76; 28ª54-55);
  • rispetto per le persone (Corano, 25°68; 4ª93; 17ª33; 5ª22);
  • senso della pace (Corano, 4ª90; 8ª61; 6ª54; 22ª39-40).

rispetto per le religioni (Corano, 7ª188 e 67ª26; 2ª256; 2ª 62; 2ª136; 22°67; 5ª 68-69). Il Versetto coranico 29ª46 recita: E non disputate con le genti del Libro se non nel modo più cortese, eccetto con quelli di loro che agiscono ingiustamente, e dite: "Crediamo in ciò che è stato fatto scendere a noi e in ciò che è stato fatto scendere a voi; il Nostro [Dio] e il Vostro sono uno. A Lui noi siamo sottomessi." L'emiro Âbd âlKader (1807-1883), commentando questo versetto, scrisse: "Il nostro Dio, quello dei cristiani, degli ebrei, dei sabei e delle sette deviate, è Uno, come Egli ci ha insegnato. Egli Si è manifestato a noi con una teofania differente da quella con cui Si è manifestato nella Sua rivelazione ai cristiani, agli ebrei ed alle altre confessioni. Di più: Egli Si è manifestato alla stessa comunità di Maometto con teofanie molteplici e differenti, il che spiega come questa comunità, a sua volta, comprenda fino a settantatré sette differenti, entro ciascuna delle quali bisognerebbe ancora distinguere altre sette, pur esse varie e divergenti, come constata chiunque ha familiarità con la teologia. Ora, tutto ciò nasce soltanto dalla diversità delle teofanie, che è funzione della molteplicità di coloro cui esse sono destinate e della diversità delle loro predisposizioni essenziali. Nonostante questa diversità, Colui che si epifanizza è Uno, senza mutamento dall'eternità senza inizio all'eternità senza fine".

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Riassumiamo e coordiniamo allora, qui, qualche dato storico. Possiamo riconoscere alla storia del Sufismo quattro grandi periodi, o tappe.

1) Dal VII all'VIII secolo, si hanno le prime manifestazioni e la prima diffusione, e v'è una certa confusione tra i mistici (i sufi) e gli asceti, o malâmatiyya ("quelli del biasimo", una sorta di religiosi simili ai "Piagnoni" medioevali), che a volte si avvicinano alle confraternite monacali cristiane, o nei quali gruppi di malâmatiyya confluiscono a volte monaci cristiani passati all'Îslâm. La confusione è aumentata dalla situazione politica, in cui l'Amministrazione è affidata agli Iraniani, la Difesa ai Turchi e la Magistratura agli Arabi. La cultura islamica, comunque, pare ancora una derivazione del Tardo Antico. È il tempo dei mistici âlHasan âlBasri (642-729) e Rabîca âlcAdawiyya (713-801), una delle più famose tra le donne sufi.

2) Nel secondo periodo, dal IX al X secolo, mentre le lotte e le controversie politiche che caratterizzano il vasto mondo islamico si riflettono sulla formazione delle più importanti Confraternite sufi, si assiste in generale ad una preponderanza del pensiero turco che opera una graduale autonomia della cultura islamica, sottraendola del tutto alla sua prima derivazione dal Tardo Antico. Gli Arabi vengono ricacciati quasi totalmente nella loro penisola, e sorgono importantissimi stati indipendenti, soprattutto ad opera delle genti turche e andaluse. Gli Arabi cercano di mantenere il predominio nell'àmbito della Teologia; e nella situazione generale di controversie religiose vi è appunto per questo, da parte loro, una crescente ostilità nei riguardi del Sufismo. Per ciò che attiene in particolare al Sufismo, va considerato che i Turchi si caratterizzavano per l'aperto interesse verso tutte le formulazioni fideistiche. Un esempio: in periodo pre-islamico il Buddhismo si diffuse in Cina proprio grazie ai regni turchi della Cina del Nord (in particolare il regno Wei, 386-551). Loyang, capitale dei Turchi Tabgaç, ebbe oltre 1.300 pagode e, per ordine di Thopa Hong II° (471-499) furono creati nelle grotte di Longmen i capolavori dell'arte buddhista d'ispirazione grecoromana, secondo modelli importati dal Gandhàra (Afghànistàn). È da tener presente che il Buddhismo è una religione elitaria, e si esprime soprattutto nel coordinamento dell'ordine monastico, ben organizzato e potente. Non è da escludere che quando in quelle zone l'intellighenzia turca passò dal Buddhismo all'Islamismo, gran parte della classe monastica buddhista sia a poco a poco defluita in quello che si può chiamare il "monachesimo" dell'Îslâm, il Sufismo. Ancora nel XIII° secolo molti monaci buddhisti aderirono alla Kalandariyya (ordine sufico del Khorâsân sorto nel IX° secolo), e solo dopo la sua diffusione verso Occidente per opera di Sâvî (1168-1231) questa Confraternita perse ogni echeggiamento buddhista allineandosi del tutto alla Sharîca islamica.

È il tempo di grandi Maestri dall'illuminato pensiero: Muhâsibi (781-857), Bistâmi (?-874), Junayd (?-910), Dhû âlNûn âlMisrî (771c.-861) e soprattutto âlHallaj (858c.-922), martirizzato e ucciso per ordine di teologi limitati e giudici corrotti.

3) Nel terzo periodo (secoli XI-XV) si assiste al trionfo del Sufismo. È il periodo d'oro: teologi fra i più eminenti dell'Îslâm, come il turco âlGhazâlî (1050-1111) e l'andaluso Îbn âlcArabî (1165-1240), gettano un ponte ben solido fra la Teologia e il misticismo dei sufi. Grandi figure di prua danno l'avvio a Confraternite fra le più importanti: cAlî Sharaf âlDîn (1182-1235), Hasan âlShazûlî (1196-1258), Shustarî (1201-1269), Jalâl âlDîn Rûmî (1207-1273 considerato il Dante Alighieri della gente turca), âlRifâcî (?-1175), âlBadawî (?-1280), âlNaqshbandî (?-1388), Shihâb âlDîn Suhrawardî (1155-1191), Muhammad âlKhalwatî (?-1398).

4) Il quarto periodo va dal XVI secolo ai giorni d'oggi. Si apre con il grande fiume delle sei maggiori Confraternite: Qâdiriyya, Shâzûliyya, Suhrawardiyya, Naqshbandiyya, Mevleviyya e Khalwatiyya (in turco Halveti, il cui ramo mediano sono i Jarrahi) , cui se ne affiancheranno lungo i secoli almeno una ottantina ancora di minori, derivate dalle sei maggiori che le riconobbero e le autorizzarono.

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Ecco dunque, chiaramente, il perché d'una varietà di comportamenti, di rituali, di preminenze dialettiche a volte, tra le varie Confraternite, ferma restando, come dicevo più sopra, la tela di fondo del misticismo che rende luminoso il concetto dell'Unico esistente: Dio. "Tutte le strade conducono ad un'unica meta".

In definitiva l'organizzazione delle Confraternite consiste in gruppi di musulmani anelanti a Dio, iniziati dal capo della Confraternita, che è l'erede diretto del carisma (la baraka) trasmessogli dal fondatore della Confraternita stessa; e a volte può esserne anche l'erede per sangue. Dal capo della Confraternita si risale al fondatore attraverso una serie precedente di Capi, in una catena precisa e ininterrotta, la salsalat âlWird (o silsila). Il fondatore ha trasmesso loro una particolare preghiera rituale (wird, o hizb), costituente il fondamento del rituale comune; e un testamento mistico, o "raccomandazione" (wasiya).

Il sufi (apprendista, compagno o maestro) fa quindi parte di una tekké e partecipa alle riunioni rituali (hadra). Esse sono di due tipi: una è dedicata alle discussioni, ai postulati, alle delucidazioni, all'istruzione, a quant'altro il Maestro ritiene necessario per la progressione spirituale; ed una è dedicata al dhikr collettivo. È abbastanza normale, in queste riunioni, iniziare con la preghiera comunitaria e con il pasto in comune. In varie Confraternite - non in tutte comunque - il dhikr comprende musica, canto e danza, una danza collettiva che spesso è chiamata âlZohd (l'ascesi). Numerosi sono quindi anche i sufi musicisti o cantanti.

In linea di massima la tekké ha proprietà (un negozio, o una scuola, o un mercato, o un ristorante) da cui ricava il necessario per le proprie spese. Se la proprietà della tekké è costituita da coltivazioni, persone pie di tanto in tanto vi lavorano gratuitamente, in una sorta di corvé collettiva (tuîza). In mancanza di ciò ogni sufi che lo può fare - non è assolutamente un obbligo: "nessun versamento di denaro inquini il Cammino!" (Âhâdîth, B. 75°33) - versa alla tekké un obolo (sadaka) per le spese di manutenzione.

Vi è da aggiungere: oggi sono anche sorte, in Occidente, per moda o per curiosità o sulla scia del New Age, pseudo-scuole di pseudo-sufi, imitatrici orecchianti delle pratiche esterne del Sufismo, ma che con il Sufismo nulla hanno a che fare. Non si possono definire sufi, quindi, e per di più molti dei loro aderenti non sono nemmeno musulmani. Ripeto: non si può essere sufi se non si è musulmani; non sussiste Sufismo di fuor da una tradizione solidamente accertata, non sussiste comunità sufi che non discenda direttamente dal venerato Maestro fondatore dal quale prese l'avvio.

Vi è poi una cosa ancora da aggiungere: vi sono dei fanatici che, pur proclamandosi musulmani, avversano il Sufismo, poiché avversano la pace, la bellezza, l'istruzione, la cultura, l'arte, l'aperta accettazione dell'altro, ed il rispetto di tutte le religioni, valori che il Sufismo propugna basandosi strettamente sul verbo del Corano correttamente letto e interpretato. In particolare sono contro il Sufismo quelle correnti musulmane che appoggiano l'operato nefasto di un dittatore per il quale il Sufismo è da eliminare con gli stessi mezzi coercitivi che usò Hitler nella Germania nazista. I dittatori sono tutti eguali, a qualsiasi paese appartengano e a qualsiasi religione si appellino. Se enumerassimo le distruzioni e gli egoismi fanatici nel mondo, facilmente ci accorgeremmo di quanto il Sufismo - e in generale ogni misticismo illuminato - sia, oggi, proprio oggi, necessario.

Uno dei più bei detti del Profeta, ripetuto spesso dai sufi, è: "Înna Âllâh jamîl, îuhibbu âlJamâl": "certo, Dio è bello e ama la bellezza". In effetti in questa breve frase è contenuto tutto ciò che è necessario all'essere umano: Dio, amore, bellezza. Se noi tutti compissimo i nostri atti sapendo che li stiamo compiendo al cospetto di Dio, e che a Dio dovremo renderne conto dopo la nostra morte; se li compissimo amando, amando gli altri e noi stessi; e se li compissimo belli (ritmo e simmetria), di certo tutto il mondo sarebbe in totale armonia, sarebbe davvero il pronao di un Paradiso ideale.

 

Rimini 2004 - Istituto di filosofie orientali e comparative - corso sul Sufismo
dott. prof. Gabriel Mandel Khan (possa il suo Segreto essere santificato)
Khalifa dell'Ordine sufi Jerrahi Halveti per l'Italia fino al 2010

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