Del pellegrinare

Un gruppo di sufi, aumenti Dio il loro numero, chiese alla mia umile persona di scrivere un trattato sul pellegrinare, e cioè lo scopo del pellegrino, le condizioni del pellegrino e i principi del pellegrinaggio. Aderendo alla richiesta, pregai Dio l'Altissimo di darmi aiuto ed assistenza per preservarmi da sbagli e manchevolezze, poiché Egli è potente e pronto ad esaudire. 

Che cosa è il pellegrinare (o: peregrinare)

(ATTENZIONE: non confondere sulûk: il “pellegrinare”, con hajj: il pellegrinaggio alla Mecca”)

Sappi, sia tu benedetto nei due mondi, che sulûk ha in arabo il senso generale di "procedere”, sia nel mondo esterno (il mondo delle apparenze), sia nel mondo interno[ sulûk: realizzazione personale dell’essere; percorso della Via mistica; progresso spirituale. Sulûk âlTaryqa: la Via spirituale. Sulûk cilmî: la Via iniziatica basata sulla comprensione dottrinale; Sulûk cishqî: la Via iniziatica basata sulla virtù del desiderio di spiritualità]. Per i sufi, il pellegrinaggio è un cammino particolare: è ad un tempo il viaggio verso Dio e il viaggio in Dio. 


O sufi! Prima di noi, dei maestri eminenti hanno scritto numerose opere su questo argomento. Tutti hanno detto che il peregrinare e il pellegrinaggio sono ad un tempo il viaggio verso Dio e il viaggio in Dio. Anche io l’ho affermato, ma in questo libriccino aggiungerò una cosa. 

O sufi! L'essere umano ha vari gradi. Le qualità e le tendenze relative che sono nascoste in lui si manifestano ad ogni grado. Quando tutti i gradi dell'individuo sono manifesti, anche tutte le sue qualità e le sue tendenze lo sono. Il percorso del microcosmo è compiuto. Il pellegrino che ha compiuto il percorso del microcosmo diventa nel macrocosmo il rappresentante, il khalyfa, il vicario di Dio. Questa è l'epifania suprema, la manifestazione dell'etica e della conoscenza.... 

Dunque il pellegrinaggio è questa marcia nella quale il pellegrino percorre i suoi propri gradi e gradatamente li manifesta tutti.... Quando i gradi del pellegrino sono tutti manifesti, inizia il viaggio in Dio; e questo è il viaggio che non finisce mai. 

L'Intenzione del pellegrino nel peregrinare. 

O sufi! L'intenzione del pellegrino, in questo sforzo perseverante, non è quella di “chiedere Dio”. Dio non ha bisogno di essere chiesto. Non deve neppure essere quella di chiedere la purezza e il buon carattere, il sapere e la conoscenza mistica, la rivelazione dei segreti e la manifestazione delle luci. Ciascuna di queste cose corrisponde ad un grado. Fino a che il pellegrino non è giunto a quel grado, la cosa relativa a quel grado non si può manifestare. E se egli vi giunge, tale cosa, sia che egli lo voglia o no, gliela si spieghi o no, si manifesta di per se stessa. Anche se tutti i saggi spiegassero ad un bambino che cosa è il piacere sessuale, il bambino non capirebbe. Lo capirà, e da sé solo, soltanto quando giungerà alla pubertà . 

O sufi! L'uomo ha dei gradi, come l'albero ha varie fasi. Ciò che compare in ogni fase di sviluppo dell'albero è molto evidente. Compito del giardiniere è dunque di rendere il terreno soffice e adatto, liberarlo dalle erbacce e dai rovi, e bagnarlo regolarmente onde proteggere l'albero finché tutti i suoi stadi, ognuno a suo tempo, divengano manifesti. Così è per il pellegrino. Occorre che la sua intenzione, nella via mistica e nello sforzo, sia di diventare un “Essere realizzato”, rendere manifesti in sé tutti i gradi. Allora nel pellegrino, lo voglia o no, si manifesteranno, ognuna a suo tempo, la purezza, il buon carattere, la conoscenza, il disvelamento dei segreti, la manifestazione delle luci e altre cose ancora di cui non aveva mai sentito parlare e che non gli erano mai venute in mente. Chi non si è dato a questa impresa non capirà questo discorso. 

In breve, diciamo che il pellegrino deve avere un'alta energia spirituale e, finché vive, si deve dedicare al compito con assiduità e perseveranza, poiché il sapere e la saggezza di Dio sono illimitati 

O sufi! Tutte le fasi dell'albero sono dentro il seme. Ma occorre l'abilità e le cure del giardiniere perspicace perché tutte divengano manifeste. Del pari, la purezza, il bel carattere, il sapere e la saggezza, il disvelamento dei segreti, la manifestazione delle luci, tutti sono nell'essenza dell'essere umano. Occorre l'attenzione del Saggio, il suo insegnamento e il suo aiuto affinché diventino manifesti. 

O sufi! Le cognizioni, la prima e l'ultima, sono nascoste nel tuo essere. Tutto ciò che cerchi, cercalo in te! Che cosa cercheresti al di fuori? La cognizione che, tramite l'orecchio, giunge al tuo cuore è paragonabile all’acqua che attingi dal pozzo di un altro versandola nel tuo pozzo asciutto. Quell'acqua è precaria: imputridisce subito e produce gravi mali. 

O sufi! Arroganza, avidità, ambizione: ecco i mali depravati che nascono e crescono in quell'acqua imputridita. 

Attingi l'acqua dal tuo proprio pozzo. E di quell'acqua, finché ne attingi, prodigane intorno a te - essa non diminuirà affatto, anzi aumenterà! Anziché esaurirsi, essa sgorgherà ogni giorno più limpida e pura; sarà la panacea contro i più gravi mali. 

O sufi! Su questa via or ora descritta il pellegrino coglie il sapere e la conoscenza mistica: l'acqua di vita sgorga dalla fonte del suo cuore. 

Per chiunque si purifica durante quaranta giorni votandosi sinceramente a Dio, la saggezza zampilla dal suo cuore attraverso la lingua. 

Ma c'è anche una via alla conoscenza opposta a questa. 

La via opposta che conduce pur essa alla conoscenza. 

Sappi che l'invito dei profeti e l'insegnamento degli Amici di Dio sono soltanto per esortare gli uomini alle parole buone, alle azioni buone e alle tendenze buone affinché, divenuto retto il loro esterno, lo diventi anche il loro intimo. L'esterno è paragonabile a uno stampo e l'interno al contenuto dello stampo. Se lo stampo è perfetto anche il contenuto è perfetto. Se lo stampo è deformato anche il contenuto sarà deformato. 

O sufi! Non c'è alcun dubbio che l'esterno influisce sull'interno e del pari l'interno sull'esterno. Dunque, quando l'esterno viene corretto grazie al rapporto con un Maestro, con l'ascesi e con la disciplina, lo è anche l'interno. E quando sono perfetti tanto l'esterno quanto l'interno della matrice, anche l'interno dell’essere si trova fra due mondi puri: da un lato il mondo visibile, dall'altro il mondo invisibile. In altre parole: da una parte il corpo, che è il mondo fenomenico, il mondo delle cose sensibili; dall'altro il mondo degli angeli e dei puri spiriti, che è il mondo sovrasensibile, invisibile, il mondo degli intelligibili. Il mondo invisibile è sempre puro e limpido; da esso il nostro intimo non riceve mai turbamento, né oscurità, né offuscamento. Il corpo, finché è legato ai piaceri e alle passioni, prigioniero dell'avidità e della violenza, è turbato e offuscato, e in questo stesso modo è turbato e offuscato il nostro intimo. Per questo motivo l'intimo non può acquisire le conoscenze e le luci del mondo soprasensibile. Soltanto quando il corpo diventa puro e limpido, l'intimo si trova fra due mondi puri. Allora, tutto ciò che è nel mondo invisibile si riflette sul cuore del pellegrino - come due specchi limpidi posti l'uno di fronte all'altro; tutto ciò che è in questo appare in quello, e viceversa. Questa è la virtù del pellegrinaggio nei luoghi santi, la realtà stessa del pellegrinaggio. 

O sufi! Siamo giunti, con questo argomento, ad un punto delicato. Il mondo invisibile ha dei ranghi; da un rango all'altro c'è una grande differenza. Anche l'interno del pellegrino ha dei ranghi; da un rango all'altro c'è del pari una grande differenza. Il primo rango può procacciarsi soltanto ciò che è nel primo rango; il rango estremo, soltanto ciò che è nel rango estremo. Del pari il sapere e la conoscenza del pellegrino possono essere conseguiti solo attraverso questa via. Il sogno veridico, l'estasi, la rivelazione, l'ispirazione, l'illuminazione non sono altro che l'espressione di questa conoscenza. Questa non dipende né dalla miscredenza né dalla fede. E' il fatto di colui che ha reso puro lo specchio del proprio cuore. Da molte persone essa è percepita durante il sonno; da alcune soltanto nello stato di veglia. Nel sonno, i sensi sono in riposo; e quindi il turbamento prodotto dai sensi è minore, per cui la passione e il desiderio monopolizzano del tutto la nostra parte intima, eliminando l’incidenza delle cognizioni mondane e concedendo così la massima percettività del mondo soprasensibile. Dunque, il raccoglimento, la solitudine, l'ascetismo e lo sforzo perseverante nello stato di veglia sono atti a rendere il corpo del pellegrino simile al corpo dell'individuo immerso nel sonno - anzi, più limpido e più puro ancora. 

O sufi! I pellegrini differiscono nel loro temperamento. Certi provano in loro questi effetti con una minima disciplina. Altri praticano l'ascetismo per numerosi anni eppure non li provano mai. Quegli effetti dipendono dalle differenze create dalla origine e dai quattro tempi. 

Delle tre categorie di persone. 

Sappi che Dio ha creato gli esseri umani differenti. A ciascuno ha dato una sua propria e specifica attitudine, e per questa attitudine un grado particolare. Ciò è necessario perché nel mondo vi sia un ordine. Occorrono i cittadini e occorrono i contadini, sono necessari i setaioli e sono necessari i bottai. Se a tutti Egli avesse dato la medesima tendenza, nel mondo non vi sarebbe ordine. Opera saggia è badare che ognuno si dedichi al compito per il quale è stato creato. 

In breve: certi individui hanno un'alta energia spirituale; altri ne sono sprovvisti. Da ciò deriva che alcuni cercano il mondo, altri la vita futura, altri Dio. Queste sono le tre categorie di esseri umani; non ve ne sono altre. Quelli che cercano Dio hanno un'alta energia spirituale; sono essi gli esseri umani migliori; costituiscono la famiglia dei pellegrini. Questa famiglia precede le altre due; essa è la meta di migliaia e migliaia di persone. Le altre due famiglie, come rovi e sterpaglia, da parassiti si abbeverano e si nutrono della prima. 

O sufi! Chiunque inizia il percorso deve necessariamente conoscere quattro cose: la meta, colui che è in cammino verso la meta, la via verso la meta e la guida, cioè lo Shaykh. Senza la conoscenza di queste quattro cose il peregrinare è impossibile. Sappi che il fine, il desiderio ardente dei pellegrini, è la perfezione. Secondo alcuni il viaggiatore che va verso la meta tende all’immedesimazione in Dio; secondo altri, il pellegrino cammina perché è guidato dallo Spirito divino; secondo altri ancora cammina perché vede, alla lontana, la Luce divina. Quanto a me, dirò umilmente che il viaggio è l'anima stessa del pellegrino; che quest'anima è una luce unica citata con attributi, qualificativi e nomi differenti, quali psiche, spirito, cuore, intelligenza, luce divina; che tutti questi appellativi designano una stessa sostanza; che questa sostanza unica è la realtà vera dell'essere umano. 

Della via verso la meta 

Sappi che secondo il mio modesto parere vi è una sola via verso la meta. Questa via unica è quella che inizia con lo studio e la ripetizione e termina con l'ascesi e la rammemorazione [il dhikr]. Il pellegrino dapprima va in una madrasa e vi impara ciò che è necessario nella scienza della Legge religiosa, la Sharîca [il “catechismo” dell’Îslâm]. Con questo viatico egli si dà alla lettura finché giunge a capire le parole buone (la comprensione di queste essendo, in tale argomento una base fondamentale che si impara solo nella madrasa [facoltà universitaria]). Poi, egli si reca nella loggia dei sufi, diventa il discepolo di un maestro e si dedica a servirlo e ad imparare da lui. Egli si accontenta di un solo maestro e in questo rapporto impara ciò che è necessario nella scienza della Via interiore, la Tarîqat. Dopo di ciò, si dà agli scritti sui grandi maestri: la loro ascesi, la loro devozione, la loro virtù, le loro situazioni, i loro ranghi. Superato questo stadio, il pellegrino abbandona i libri e, sotto la direzione del Maestro, si dedica alla propria impresa. 

Per certi, vi sono due vie verso la meta. Tutte e due vi giungono, se si percorrono secondo la regola. Una è quella dello studio e della ripetizione. Su questa via sono i pellegrini che hanno scelto la Legge religiosa. L'altra via è quella dell'ascesa e della rammemorazione [dhikr]. Questa è la Via percorsa da quei pellegrini che hanno scelto la Via interiore. 

O sufi! Il pellegrino sulla prima via è quello che ogni giorno scopre, accetta e memorizza qualcosa che ignorava. Il pellegrino sulla seconda Via è quello che ogni giorno dimentica ciò che ha imparato, dopo averlo imparato [ Giusto il detto: «Cultura è ciò che rimane dopo che si è dimenticato tutto ciò che si è imparato.»]. Sulla prima via il dovere giornaliero è di annerire un pezzo della pagina bianca. Sulla seconda, ogni giorno occorre impiegare tutto il tempo per imbiancare una parte del cuore annerito. In breve: diciamo che non c'è un'unica via verso la meta o, se ce n'è una seconda, è la via dello sforzo e della rammemorazione [dhikr] la più sicura e la più breve. 

O sufi! Certi pellegrini dicono: "Noi impariamo l'arte del dipingere e, con la matita dello studio e la penna della ripetizione, miniamo il rotolo del nostro cuore con tutte le nozioni affinché tutte vi si trovino scritte e disegnate. Ogni cosa che viene tracciata nel nostro cuore diventa nostra memoria; di conseguenza, il nostro cuore è la Lawh âlHayûlâ [la Tavola ben custodita; Tavola in cui sono iscritti la Prescienza divina e i destini di tutti gli esseri umani. Il concetto di questa "Tavola ben custodita" appartiene anche alla tradizione babilonese, a quella ebraica, e si trova anche nell'Apocalisse, V, 1 e X, 2. La Tavola ben custodita è l'Archetipo di tutti i Libri sacri, âlLawhu âlMahfûdh, il "tronco" dal quale partono i rami che simbolizzano le religioni, secondo una immagine del Maestro sufi Bistâmî (?-874), seguito in questo anche da âlHallaj (857-922)]." 

Altri pellegrini dicono: "Noi impariamo l'arte di levigare, e col brunitoio dello sforzo e l'olio dell'invocazione rendiamo puro e limpido lo specchio del nostro cuore, affinché vi si riflettano tutte le scienze del mondo visibile e del mondo invisibile; questo riflesso sia più preciso e fedele di un libro, poiché l'omissione e lo sbaglio sono possibili nello scritto, non nel riflesso. E' ben nota la storia dei pittori dell'Impero della Cina. Inoltre, le scienze sono innumerevoli - le loro stesse forme sono innumerevoli - e la vita dell'essere umano è breve. E' impossibile che questa vita sia sufficiente a far sì che il cuore, con lo studio e la ripetizione, diventi la Tavola ben custodite/. Ma può forse bastare a far sì che il cuore, con lo sforzo e la rammemorazione, diventi lo Specchio dell'universo. 

I ranghi della gente comune

Sappi che quando il bambino arriva all'età del discernimento occorre che nelle preghiere imiti i suoi genitori. Se egli non le compie, glie le debbono ricordare i suoi genitori. Questo assenso è detto "sottomissione". Quando il bambino giunge all'età della ragione sei altre cose gli diventano obbligatorie. La prima è la conoscenza del principio base: è necessario che il bambino non abbia alcun dubbio sull'essere e l'unicità di Dio, come pure sulla missione dei profeti. Egli saprà con certezza che ciò che i profeti hanno detto è giusto; che le loro parole sono state ispirate da Dio. La seconda cosa è l'obbedienza ai comandamenti. La terza è astenersi dalle cose proibite. La quarta è il pentimento. Se l'adolescente omette uno dei comandamenti o non osserva una delle proibizioni, compirà subito la penitenza, e in questo caso il pentimento è la contrizione per ciò che è stato fatto e la risoluzione di non compiere mai più quell'azione. La quinta cosa è l'apprendimento di un mestiere che gli assicuri la sussistenza, affinché sia libero dalla cupidigia e la sua fede resti intatta. La sesta è la devozione. Nel suo operare l'essere umano baderà a rispettare la Legge; ad astenersi dai beni illeciti o sospetti; ad essere sincero nelle parole e nelle azioni, onde essere esente da ipocrisia e da impostura. 

O sufi! Questi sei obblighi si estendono a tutti i musulmani. Questo grado è quello delle persone comuni. Ciò che distingue l’essere superiore dalla gente comune è la pratica del pellegrinaggio: pellegrinaggio sulla via dello studio e della ripetizione, oppure pellegrinaggio sulla via dell'ascesa e della rammemorazione [il dhikr]. 

Le condizioni del pellegrinaggio

Sappi che le condizioni richieste per il pellegrinaggio sono sei. La prima è la rinuncia: rinuncia ai beni e alla posizione sociale, all'ambizione e all'avidità, alla ribellione e alle cattive tendenze. La seconda è la pace. Il pellegrino si riconcilierà immediatamente con tutte le creature: non ne offenderà nessuna, sia con la lingua sia con la mano; a nessuna rifiuterà la sua compassione, e le considererà tutte come se stesso, siano indigenti, miserabili e squattrinate. La terza condizione è l'isolamento; la quarta il silenzio; la quinta il digiuno; la sesta è l'attenzione. 

I fondamenti del pellegrinaggio

Sappi che i fondamenti del pellegrinaggio sono anch'essi sei. Il primo è avere una guida. Senza guida il pellegrino non può mettersi in viaggio. Il secondo è la dedizione e l'amore per la guida. Il pellegrino che trova la guida ed è da essa accettato deve, per tutta la vita, non legarsi ad un'altra per giungere rapidamente alla meta. La cavalcatura del pellegrino su questa via è questa dedizione e questo affetto. Quando l'una e l'altro sono forti, la cavalcatura è valida. Chi ha una buona cavalcatura non teme l'asprezza del percorso. Ma se avviene che una minima frattura scalfisca quell'affetto, la cavalcatura si mette a zoppicare e il pellegrino rimane per strada. Il terzo fondamento è l'obbedienza assoluta alla guida. Il pellegrino ormai deve rinunciare a imitare i suoi genitori nei pensieri e nelle pratiche, e obbedire solamente alla guida. Egli è come un malato, di cui la guida è il medico. Il malato che non segue le prescrizioni del medico o fa il contrario di queste, non ritrova mai la salute - anzi! - il suo male aumenta ogni giorno. E se egli tenta di curarsi da solo basandosi su qualche manuale, non ci riesce di più. Occorre dunque la presenza del medico e l'obbedienza del paziente affinché il male e la causa del male scompaiano. Il quarto principio è la rinuncia ad ogni giudizio o idea propri: il pellegrino non deve intraprendere nulla da sé solo, neppure il benché minimo atto devoto. Ogni azione che il pellegrino compie di sua propria iniziativa causa il suo allontanamento; ogni azione che il pellegrino compie per ordine della guida causa il suo avvicinamento. Il quinto principio è il rifiuto della contestazione e del disconoscimento. Il pellegrino non deve contestare le parole della guida né disapprovare le sue azioni, poiché egli ignora dove sono il bene e il male, né è ancora in grado di distinguere fra la devozione e l'errore. Queste conoscenze sono cose difficili. Il racconto di Mosè e del Khezr illustra ciò [si veda: Corano, 18ª60-82]. 

Il sesto principio è la fermezza e la costanza, per molti anni, riguardo alle condizioni e ai principi fondamentali del pellegrinaggio. Senza tale costanza non si effettua nulla di buono. 

Queste sono le condizioni e i principi, in totale dodici, affinché il pellegrinaggio venga portato a termine. 

Il velo e il rango

O sufi! Il pellegrino che rispetta con costanza questi dodici punti accede ai ranghi superiori e vede sollevarsi i veli davanti a sé. L'origine dei veli sta in quattro cose: l'amore dei beni terreni, l'ambizione, l'imitazione dei genitori e la ribellione. L'origine del rango è anch'essa in quattro cose: le buone parole, le buone azioni, il buon carattere e le cognizioni. Ma è assolutamente necessario conoscere diciotto cose. Il pellegrino avveduto conoscerà tali cose contemporaneamente grazie alla certezza noetica [la conoscenza intuitiva] e alla certezza eidetica [la conoscenza intellettuale]. Queste sono: la nozione del mondo e delle cose di questo mondo; quella dell'altro mondo e delle cose dell'altro mondo; quella della morte e della ragione della morte; quella di Satana e dell'imperativo di Satana; quella dell'Angelo e dell'imperativo dell'Angelo; quella del Profeta e delle parole del Profeta; quella dell'Amico di Dio e delle parole dell'Amico di Dio; quella del Sé e dell'imperativo del Sé; quella di Dio e dell'imperativo di Dio. Diciotto cose, quindi; o nove, se preferisci; o se ancora preferisci, una sola. 

O sufi! Distinguere fra l'imperativo di Satana e quello dell'Angelo, fra l'imperativo dell'ego e quello di Dio è cosa difficile. Capire pienamente le parole del Profeta e quelle dell'Amico di Dio è del pari cosa difficile. Acquisito il significato del velo e del rango, sappi ora che tutti i pellegrini si dirigono verso quattro ranghi; tutti i loro sforzi, le loro ascese, sono soltanto per sollevare quattro veli, per accedere a quei quattro ranghi. Raggiunti quei ranghi, il pellegrino consegue la perfezione. 

O sufi! Sollevare i veli vuol dire "purificarsi". Accedere ai ranghi vuol dire "pregare". Prima c'è la purificazione, poi la preghiera; prima la separazione poi l'unione; prima la politura dello specchio, e poi il fulgore della luce. Chi solleva quei quattro veli si purifica, ed è nella purezza per sempre. Chi giunge a quei quattro ranghi realizza la preghiera, ossia è nella preghiera per sempre. 

L'insegnamento

Quando il falconiere del re cattura un falco, per prima cosa gli benda gli occhi e gli lega le zampe. Poi, per giorni e notti lo tiene affamato, assetato e sveglio finché la natura del falco si spezza, la sua animalità e la sua ferocia sono domate: l'uccello si addomestica. Allora il falconiere gli insegna a cacciare. E quando l'uccello sa cacciare, il falconiere lo porta davanti al re affinché l'uccello goda della vicinanza del re, si posi sul suo pugno. E' evidente che lo scopo del falconiere non è tormentare l'uccello, bensì insegnargli a cacciare. O piuttosto, lo scopo ultimo del falconiere è far accedere il falco alla vicinanza del re. Questa è l'immagine dell'opera della guida. Catturato il pellegrino, gli benda gli occhi (è la camera oscura, il ritiro, la khalwatiyya) e gli lega la lingua (è la solitudine e la reclusione). Poi, per giorni e notti lo tiene nella morsa della fame, della sete e della veglia finché l'ego del pellegrino sia spezzato, e il suo appetito animale, la sua ferocia e la sua malignità siano domate. Allora la guida gli insegna a cacciare. Prede del pellegrino sono il sapere, la conoscenza mistica, l'amore, la contemplazione e la visione. Quando il pellegrino ha imparato a cacciare, accede al Re e gode della Sua vicinanza. Giunto alla Regale Vicinanza il pellegrino è libero; egli è nel numero degli eletti. 

E gloria a Dio, Signore dei mondi! 

 

Quinto trattato del Kitâb âlÎnsân âlKâmil del turco cAzîz âlDîn NASAFÎ
Maestro sufi vissuto in Transoxiana nel XIII° secolo

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